martedì 23 agosto 2016

Piranha (1978)

Sto scrivendo questo post durante un tranquillo turno al lavoro, in una calda notte estiva. Notti estive, che quando ero ragazzino volevano dire "Notte Horror". C'è da dire che per parecchio tempo avevo paura di questo genere cinematografico e me ne sono tenuto ben lontano, poi però le cose sono cambiate e quando Italia 1 ha cominciato, prima con Zio Tibia, e poi con "Notte Horror", a terrorizzare le nostre serate, non mi perdevo un film.
Questo è dunque il mio esordio da blogger, per l'evento che già da qualche anno vuole ricordare proprio quella rubrica televisiva e per farlo ho scelto un cult di fine anni 70 di un grande maestro del genere...




Dopo l'enorme successo de "Lo squalo" di Steven Spielberg, i film su animali assassini sono spuntati come i funghi; dai topi, agli alligatori, passando per orsi, api e persino conigli, ma quello che, forse è il migliore di tutti, è proprio "Piranha" di Joe Dante.
Il film, prodotto dal grande Roger Corman, è un thriller-horror/commedy a bassissimo costo e fin da subito si capisce che "Lo squalo" è sia fonte di ispirazione, ma anche opera da omaggiare e parodiare.
Nel prologo, vediamo dunque, una coppia che in cerca di un posto dove piantare la tenda per la notte, valica una recinzione con tanto di cartello di divieto dell'esercito e finisce con il fare il bagno in una piscina, presumibilmente abbandonata, mal ne coglierà ad entrambi, in quanto verranno attaccati da qualche creatura ospitata in quelle acque.



Qualche giorno dopo, sulle tracce dei due ragazzi, si mettono Maggie McKewon, investigatrice privata (interpretata dall'ex playmate Heather Menzies-Urich), che all'inizio vediamo giocare con un videogame che si chiama "Jaws" (vi dice nulla?), e lo scorbutico Paul Grogan (Bradford Dillman), che ha il vizio di alzare il gomito. Le loro indagini porteranno i due proprio alla piscina, che decideranno di svuotare per scoprire cosa c'è nel fondo. E in questo momento che appare lo scienziato Robert Hoak (intepretato da Kevin McCarty, noto soprattutto per il ruolo da protagonista in quell'immenso capolavoro che è "L'invasione degli ultracorpi". ma apparso in numerosi film e telefilm e che ha collaborato spesso con Dante) che rivelerà loro che la vasca era piena di piranha geneticamente modificati dall'esercito, per usarli nella guerra in Vietnam e che svuotando la piscina li hanno liberati nel vicino fiume. I due protagonisti tenteranno di avvertire la polizia, per trovare il modo di fermare i feroci pesci, prima che questi possano fare una strage e raggiungere il mare; ma le loro parole rimarranno inascoltate, anche a causa degli sporchi interessi di alcuni politici, mettendo in pericolo chiunque si avvicini al fiume.



"Piranha" è il primo vero successo di Joe Dante, e già in questa pellicola si notano diversi elementi che contraddistinguono quasi tutta la sua filmografia futura. come i mostricciatoli in stop motion, nel laboratorio del dottor Hoak, che paiono essere il prototipo di quei Gremlins che qualche anno più tardi faranno la fortuna del regista. oppure la sua critica verso l'autorità (in questo caso politica e militare), nascosta sotto forma di pungente ironia, o ancora quell'inventiva che permetteva al regista di fare ottimi film con budget ridotti.
Il film, pur avendo quasi quarant'anni, continua a tenere lo spettatore con incollato alla poltrona, grazie anche all'espediente di mostrare i pericolosi pesci un po' alla volta e alle belle musiche di Pino Donaggio.
Al regista non manca una certa dose di cattiveria mostrando i piranha che attaccano un gruppo di bambini al campeggio estivo.



Gli effetti speciali, seppur datati, non compromettono la visione del film, anzi ne conferiscono un aspetto vintage, che continua ad affascinare i molti fan della pellicola e del regista.
Altro importante cameo, è quello di  Barbara Steele, una delle maggiori icone del cinema horror e musa di registi quali Mario Bava, Riccardo Freda e lo stesso Roger Corman.
Insomma, "Piranha" continua a essere, anche dopo tanto tempo, uno dei migliori esempi di come si possa girare un b-movie e fare un film intelligente e di successo.
Nel 1981 fu girato un sequel intitolato "Piranha paura", che vedeva al suo esordio con un lungometraggio un  tale di nome James Cameron.



lunedì 8 agosto 2016

Stand by me - Ricordo di un'estate (1986)

Ed ecco, come dicevo quando iniziavo a scrivere questo blog, "La stanza di Gordie" ha origine da qui, da questo meraviglioso racconto di Stephen King e in seguito dal film che ha ispirato.
Era l'8 agosto 1986 quando usciva per la prima volta negli Stati Uniti, in anteprima nazionale (la data ufficiale è quella del 22 agosto), uno dei più bei film sul passaggio dall'infanzia all'adolescenza, un film, che grazie ai quattro giovani interpreti e ad una storia intensa e profonda, è entrato nella storia del cinema. Un film che non mi stancherò mai di vedere e di consigliare, così come il racconto, contenuto nella raccolta "Stagioni diverse", che racchiude anche i racconti dai quali sono tratti "Le ali della libertà" e "L'allievo"



Stand by me è uno di quei film che è difficile tenere separati dall’opera al quale sono ispirati, grazie soprattutto all'ottimo lavoro di Rob Reiner, che si limita a piccoli cambiamenti ( ad esempio sposta la vicenda dal Maine all’Oregon, e dal 1960 al 1959) che non pregiudicano il significato del racconto di Stephen King e anzi, ne sono quasi un valore aggiunto. La storia è quella di quattro amici dodicenni, che sul finire dell’estate decidono di avventurarsi alla ricerca del corpo di un loro coetaneo, morto travolto da un treno (episodio che si fa risalire all’infanzia di King, ma che non è mai stato provato).
Il film è considerato, giustamente, uno dei migliori coming of age movie, ma è molto di più, è un inno all’amicizia, un grido di dolore di un infanzia abbandonata a se stessa, un viaggio irto di ostacoli, ma anche di belle scoperte.



Conosciamo quindi Vern Tessio (Jerry O’Connell), ragazzino timido e impacciato ed è quello che più spesso è vittima degli scherzi dei compagni; Teddy Duchamp (Corey Feldman), è la personalità eccentrica del gruppo, istintivo al limite della temerarietà; Chris Chambers (River Phoenix) è il leader della banda, carismatico e coraggioso è mal visto a Castle Rock per via dalla pessima reputazione della sua famiglia, in realtà è un bravo ragazzo. Migliore amico di Gordie, lo sprona a coltivare la sua abilità nello scrivere e diventa per lui una sorta di fratello maggiore; Gordon “Gordie” Lachance (Wil Weathon ,)protagonista della storia e voce narrante, è un ragazzino sensibile, dalla spiccata intelligenza e con un gran talento nell’inventarsi storie, cosa che lo porterà da adulto, a diventare scrittore. La morte del fratello Danny, oltre a turbarlo personalmente, sarà causa di una frattura tra lui e i suoi genitori a cui preferivano il figlio maggiore.



Quattro amici, che all’inizio del film sono poco più che bambini, che passano il tempo a giocare e scherzare, e a parlare “di tutto quello che sembra importante fino a quando scopri le ragazze” , mentre alla fine sono pronti per affrontare quel difficile periodo chiamato adolescenza. In particolare è bella l’amicizia tra Gordie e Chris, così differenti (uno timido e riflessivo, l’altro spontaneo e profondo), eppure così simili nella loro sensibilità di ragazzini e nella loro solitudine. Amicizia che porterà a occuparsi reciprocamente l’uno dell’altro, in quanto ad entrambi mancano delle figure di riferimento.
Ad uscirne distrutti dal film (come nel racconto), sono infatti gli adulti: alcolizzati, violenti o peggio ancora indifferenti nei confronti dei figli, adulti che insultano ragazzini o che li usano per i loro scopi. Si crea così una spaccatura netta tra il mondo dei bambini e quello degli adulti, senza alcuna possibilità di dialogo.



Ma quell’avventura, vissuta in quel modo (“Stiamo proprio bene” dice Vern ad un certo punto, alludendo a qualcosa di più profondo del  semplice viaggio) li renderà consapevoli di quello che vogliono, ma soprattutto di quello che non vogliono essere. Non vogliono essere come i loro genitori che non si prendono cura di loro, non vogliono essere come i ragazzi più grandi che li vessano e umiliano e infatti, almeno Chris e Gordie riusciranno a riscattarsi  e a superare le loro difficoltà. Così nel finale vediamo Gordon, padre amorevole, mentre sta finendo di scrivere di quest’avventura, prima di uscire a giocare con i figli. L’ultima frase rivela tutta la nostalgia del protagonista per quello che è forse il periodo più bello della vita di ognuno di noi: “Non ho mai più avuto amici come quelli che avevo a dodici anni. Gesù, ma chi li ha?”. Eh si, perché l’amicizia nell’infanzia è qualcosa di profondo, sincero e indimenticabile.

martedì 2 agosto 2016

Du er ikke alene (1978)



Du er ikke alene (traducibile con "Non sei solo"), è uno di quei film che per il tema trattato e soprattutto per come viene trattato, difficilmente trovano spazio nel cinema nostrano, ma fortunatamente oggi, grazie ad alcuni appassionati e alle nuove tecnologie è possibile recuperarlo anche in una versione fruibile da noi italiani.
Il film racconta la vita di un gruppo di studenti in una scuola diretta con severi principi cristiani, dei loro primi turbamenti amorosi e delle prime esperienze sessuali di alcuni di loro. In particolare l'obiettivo si concentra sul quindicenne Bo, che si sente attratto da Kim, il figlio dodicenne del preside della scuola, che a sua volta ricambia i sentimenti di Bo e lentamente il loro rapporto si fa sempre più profondo. 



Questo rapporto diviene così simbolo di rivolta contro il bigottismo e la repressione degli adulti, è il modo in cui Kim si ribella contro il padre, ed è il modo con cui Bo riesce a liberarsi delle  repressioni che lo hanno tenuto imbrigliato fino a quel momento e ancora di più, il loro rapporto diventa simbolo della ribellione contro le istituzioni scolastiche, quando queste decidono di espellere uno studente, reo di aver tappezzato le pareti di un bagno, con fotografie pornografiche. Così il loro bacio, nel finale del filmino, alla fine del film, girato dai ragazzi come compito e che viene utilizzato da essi come mezzo dimostrativo della loro rivolta, risulta essere il colpo di scena per far trionfare (e così è) le loro ragioni.
Il tutto viene diretto con una libertà che oggi sarebbe difficilmente ripetibile anche in Paesi dai costumi sessuali meno restrittivi e liberi dal bigottismo della morale cattolica, come lo è la Danimarca. Raccontare l'amore tra adolescenti è già difficile, ma raccontarne la sessualità è praticamente un tabù, specialmente se si tratta di un rapporto omosessuale. I due registi lo fanno però, con una certa delicatezza, e con una poetica naturalezza, che non rifugge l'immagine di qualche nudo, non visto con ossessione o con bramosia, ma come qualcosa di normale e naturale, così come lo è l'affetto che nasce tra i due protagonisti e che trionfa nel finale. 
Una tematica simile, anche se con più pudore e meno sensazionalismo, si era visto in "Le amicizie particolari", ma qui la vicenda prende valore anche come difesa della libertà di essere se stessi, compreso nella scelta della propria sessualità.